Oggi è il 3 settembre 2025, e il panorama finanziario globale sembra un circo diretto da un ubriaco con un megafono. Partiamo dagli Stati Uniti, dove il mercato azionario balla un valzer schizofrenico: Google schiva una pallottola antitrust senza dover vendere Chrome, e le sue azioni salgono dell’8%, mentre Apple respira di sollievo perché il suo accordo di ricerca con Big G rimane intatto. Ma non fatevi illusioni: la festa è fragile.
Gli indici principali chiudono in rosso prima del Labor Day, e l’ansia per le politiche di Trump - tariffe a pioggia e minacce di controllo sulla Fed - tiene tutti sulle spine. I rendimenti dei Treasury a 30 anni superano il 4,97%, e il mercato obbligazionario globale trema mentre gli investitori si chiedono quanto debito pubblico sia sostenibile prima che il castello di carte crolli. Altrove, l’oro tocca nuovi massimi: non è solo una corsa al rifugio sicuro, ma un segnale che la fiducia nel dollaro vacilla, con gli investitori che cercano alternative come se fossero naufraghi in cerca di una scialuppa.
In Europa, l’inflazione dell’eurozona sale leggermente, ma la BCE resta immobile, paralizzata dal timore di fare mosse sbagliate mentre Trump agita lo spettro di una guerra commerciale. Il Regno Unito è un disastro a parte: i costi di indebitamento a lungo termine raggiungono i massimi dal 1998, e si parla di una possibile crisi del debito che potrebbe richiedere un salvataggio del FMI. La sterlina crolla dell’1,4% contro il dollaro, e il governo britannico sembra giocare a dadi con il bilancio pubblico. Intanto, le banche britanniche temono un raid fiscale nel prossimo budget, e gli investitori stanno già scappando.
In Asia, il Giappone vede i rendimenti dei bond a lunga scadenza toccare record storici, mentre la Cina di Xi Jinping ostenta muscoli militari e stringe accordi con Putin e Kim Jong Un, ma la sua economia reale arranca. Le esportazioni aeree cinesi puntano su Europa e Sud-est asiatico dopo che gli USA hanno chiuso la porta agli acquisti duty-free sotto gli 800 dollari, una mossa che puzza di protezionismo trumpiano e di caccia al fentanyl. Intanto, l’India di Modi cerca di barcamenarsi tra alleanze globali e tensioni con gli USA, con Trump che definisce il rapporto commerciale un disastro a senso unico. L’economia indiana cresce, ma l’inflazione dei servizi al massimo da 15 anni segnala problemi in arrivo.
Nel mondo corporate, il caos regna sovrano. Nestlé scarica il suo CEO per una relazione inappropriata sul posto di lavoro, un promemoria che anche i colossi non sono immuni da scandali da telenovela. Kraft Heinz si spacca in due, ammettendo che la mega-fusione di un decennio fa è stata un flop. Elliott Investment punta 4 miliardi su PepsiCo per scuotere la sua performance azionaria, mentre Klarna si prepara a raccogliere 1,27 miliardi con un’IPO negli USA. E poi c’è Spirit Airlines, che fallisce per la seconda volta in un anno: forse qualcuno dovrebbe dirgli che il low-cost non è più di moda.
Il quadro generale? Siamo in un’era di dominanza fiscale, come la chiama il Financial Times, dove i governi si indebitano fino al collo e le banche centrali sono costrette a fare i salti mortali per evitare il disastro. Gli investitori, nervosi, si rifugiano in oro e mercati emergenti, mentre il dollaro, pur ancora re, perde smalto. Trump continua a soffiare sul fuoco delle tensioni geopolitiche e commerciali, e il mondo finanziario sembra un equilibrista su una corda tesa sopra un burrone. La vera domanda non è se cadrà, ma quando - e chi pagherà il prezzo.