
Al termine del vertice sul clima di Baku, il presidente della COP29, Mukhtar Babayev, ha annunciato un accordo su un piano di finanziamento globale da 300 miliardi di dollari per aiutare i paesi in via di sviluppo a far fronte ai costi crescenti del cambiamento climatico nei prossimi dieci anni. Nonostante l'ottimismo di Babayev, molti destinatari del piano lo hanno criticato come inadeguato. Le negoziazioni sono state complicate da tensioni geopolitiche e dall'incertezza riguardo al futuro della cooperazione climatica globale, in particolare a causa di un possibile ritorno degli Stati Uniti sotto la guida di un'amministrazione scettica sul clima. L'accordo, seppur accolto come un passo avanti, ha evidenziato le divisioni e le sfide che il prossimo vertice in Brasile dovrà affrontare.

Eccoci, con l'ennesimo spettacolo del grande circo del clima: il Baku Climate Summit. 300 miliardi di dollari per il clima! gridano entusiasti, come se avessero trovato la bacchetta magica per risolvere tutti i problemi del mondo. Ma quale magia, qui siamo solo all'ennesima sagra dell'autocelebrazione. Un accordo che si presenta come la panacea di tutti i mali, ma che in realtà è più vuoto di una promessa elettorale. Voi ci credete davvero? Il mondo ha bisogno di questo accordo, dicono i signori del vertice, come se stessero trattando la pace nel mondo.
Hanno pure preparato due discorsi, uno per quando tutto va a puttane e uno per il trionfo. Ma guarda un po', alla fine hanno usato il discorso trionfale. Che sorpresa, vero? Un vero colpo di teatro, degno dei migliori illusionisti. E mentre il signor Babayev si pavoneggia con il suo discorso tutto luci e colori, le nazioni in via di sviluppo gridano che non è abbastanza, che è solo uno sputo nell'oceano dei loro bisogni. Ma chi se ne frega, l'importante è il titolo sul giornale.
E intanto, mentre si litigano per i soldi che non bastano mai, ci sono quelli che se ne infischiano di tutto, come i vecchi amici americani, pronti a fare dietrofront alla prima occasione. Non ci fidiamo di una nazione che cambia idea come cambia presidente, dicono gli altri. E com'è che non si fidano nemmeno delle belle parole dei loro stessi governanti?
Sapete che tra le pieghe di queste belle riunioni c'è sempre qualcuno pronto a far saltare il tavolo? Si presentano con il “cuore in mano”, ma alla prima parola storta scatta l'uscita teatrale. Come quel giorno che le isole Marshall hanno deciso di andarsene sbattendo la porta, stanchi di sentirsi presi per il culo. E chi potrebbe biasimarli? In fondo, questi summit si rivelano spesso un’occasione per mostrare il proprio ego piuttosto che risolvere problemi.
Se mai un giorno avrete la sfortuna di assistere a uno di questi incontri, portatevi una bella scorta di popcorn. Lo spettacolo è garantito, tra discorsi che sembrano usciti da un romanzo di fantascienza e promesse che si sciolgono come neve al sole. E quando qualcuno vi dice che le cose stanno migliorando, sorridete e annuite, come si fa con i matti. Perché, in fondo, il vero cambiamento parte da noi, non da questi teatri di marionette senza fili.