
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha introdotto un dazio del 25% sulle importazioni di acciaio e alluminio, con l'intenzione di rivedere le politiche commerciali e gli accordi di libero scambio esistenti. Questa decisione ha suscitato reazioni a livello internazionale, con il Canada che ha evitato ulteriori aumenti sospendendo una tassa sull'elettricità diretta agli Stati Uniti. Anche la Cina ha risposto, imponendo dazi sui beni agricoli americani. L'Unione Europea ha annunciato contromisure, con tariffe su beni statunitensi per un valore di 26 miliardi di euro. La situazione potrebbe influenzare l'inflazione e le future decisioni sui tassi di interesse della Federal Reserve.

Ancora i dazi di Trump, la versione politica del gioco delle tre carte, solo che qui nessuno vince mai davvero, tranne forse chi tira le fila del gioco con sapienti menzogne.
Ma che ve lo dico a fare? L’idea di ridisegnare la politica commerciale americana a suon di dazi è come cercare di convincere un asino a volare. Eppure, eccoci qui, a fare i conti con un mondo dove le promesse da marinaio si materializzano in strategie economiche dubbie e ritorsioni globali. Trump, con uno schiocco delle dita, ha preso a calci decenni di accordi commerciali per mettere ‘America First’, dimenticando forse che il resto del mondo non è proprio l’ultimo della classe.
Parliamo di acciaio e alluminio. Un grazioso 25% di tariffa su importazioni da ogni dove. Perché? Perché no, ovviamente. Non importa se ciò significa far lievitare i costi per le imprese americane come un soufflé mal riuscito. L’America deve essere dura, giusto? Eh già, tranne quando il Canada minaccia di far pagare la corrente elettrica a prezzo d'oro. Allora si abbassano i toni e si ricomincia a trattare. Tanto rumore per niente, come al solito.
E non dimentichiamoci della Cina, la nemesi storica, il grande drago. Un bel 20% di dazio, giusto per far capire chi comanda. Ma i cinesi non sono certo gli ultimi arrivati, e con un colpo di coda hanno risposto colpendo il settore agricolo statunitense. Ma che ci volete fare? In questo circo commerciale, la vendetta è un piatto che va servito caldo, nonostante le bollette del gas.
Poi c'è l'Unione Europea, altro fronte caldo. Trump ha minacciato tariffe, come se l’Europa fosse un bambino da mettere in punizione. Ma il vecchio continente ha la memoria lunga e i nervi saldi. Pronti a colpire con contromisure, per dimostrare che, alla fine, nessuno gioca a questo gioco da solo.
Avreste mai detto che le tariffe potrebbero influenzare i tassi di interesse? Ebbene, sì. Alzando i prezzi e giocando con l'inflazione, le banche centrali si ritrovano a dover ballare su una corda tesa, cercando di mantenere l'economia in equilibrio mentre qualcuno continua a scuotere la corda. Una bella ginnastica, non c'è che dire.
Se avete voglia di vedere il mondo bruciare lentamente, investite in qualunque cosa Trump minacci di tassare. Altrimenti, forse fareste meglio a cercare rifugio in investimenti più stabili, come l'oro o la buona, vecchia, fidata bottiglia di vino. Ah no! Tasserà anche quella. Ma almeno quella, alla peggio, saprete come usarla.