
Nel 1956, il termine intelligenza artificiale è stato coniato, attirando l'attenzione grazie alla sua risonanza con l'immaginario umano e alimentando una ricca produzione cinematografica hollywoodiana. Tuttavia, il nome stesso porta con sé un bias implicito che può distorcere la percezione della realtà, suggerendo che le macchine possano sviluppare coscienza, emozioni e personalità simili a quelle umane. In realtà, si tratta di dispositivi che estraggono correlazioni dai dati per fare previsioni, senza una vera comprensione del mondo. Dopo una conferenza a Roma, alcuni esperti hanno proposto di abbandonare il termine intelligenza artificiale a favore di una terminologia più precisa: Approcci Sistematici agli Algoritmi di Apprendimento e Inferenze di Macchina (SALAMI).

Stefano Quintarelli ci segnala che durante una conferenza di cervelloni a Roma, qualcuno ha avuto l'illuminazione: basta con quest'illusione dell'intelligenza! Chiamatelo SALAMI, Approcci Sistematici agli Algoritmi di Apprendimento e Inferenze di Macchina. Ecco, finalmente un nome che non promette nulla di più interessante di una fetta di salame. SALAMI avrà mai una coscienza? Certo, e io domani divento un astronauta. SALAMI può avere emozioni? Sicuro, come il mio frullatore quando gli parlo d'amore. Queste idee fantasticherie sono ridicole quanto pensare che il vostro telefonino vi ami solo perché vi trasmette lo streaming. Ah, e fette rancide per gli output difettosi è perfetto: molto più veritiero di allucinazioni.
Sì, avete capito bene, SALAMI. No, non stiamo parlando di una salsiccia italiana. Parliamo di un nuovo acronimo che qualcuno ha tirato fuori dal cappello per cercare di incastrare meglio il concetto di AI nella nostra comprensione limitata. Mamma mia, che boccone amaro da mandar giù.
Ora, quando pensate all’AI, vi vengono in mente quei filmacci in cui le macchine prendono il sopravvento, vero? Avete visto Terminator o Matrix, no? Tutti quei fronzoli futuristici dove i robot ci fanno a pezzi o dove, addirittura, Skynet decide di farci fuori perché, diciamocelo, siamo un po’ degli idioti. Ma la realtà è che, dietro tutta questa fuffa, l’AI non è altro che una montagna di calcoli e dati che cerca di sembrare intelligente. Una macchina che, al massimo, può dirci quanto siamo prevedibili.
Ma torniamo al nostro caro SALAMI. Perché cambiare nome? Beh, magari perché qualcuno si è reso conto che chiamare queste tecnologie intelligenti è un po’ come chiamare intelligente un cane che sa solo sedersi e fare il morto quando gli lanciate un biscottino. Non fraintendetemi, l’AI è potente, ma mica ha coscienza o emozioni. È una macchina, per l’amor del cielo! È come pensare che il vostro frullatore abbia un’anima solo perché riesce a fare un ottimo frullato.
Vi siete mai chiesti se un giorno potreste innamorarvi di un SALAMI? No, non parlo di un panino ben fatto, ma di un algoritmo che vi fa battere il cuore come se foste davanti a un tramonto mozzafiato. Beh, se lo farete, probabilmente avete bisogno di una vacanza lontano da uno schermo. Nessun algoritmo vi amerà mai. Al massimo, potrà farvi sentire un po’ meno soli mentre vi consiglia il prossimo video di gatti su YouTube.
Se volete davvero capire le potenzialità dell’AI, smettete di sognare di robot che vi servono il caffè a letto. Invece, pensate a quanto tempo e quante risorse possono risparmiare in settori come la medicina, la logistica, e tutto il resto. Ma per favore, non fatevi fregare dalla retorica del “superamento umano”. Avete già abbastanza problemi con la vostra lista della spesa, figuriamoci a competere con un algoritmo. La prossima volta che sentite qualcuno parlare di intelligenza artificiale come se fosse il prossimo salvatore del mondo, fate un favore a tutti e chiedetegli se hanno mai visto un robot affrontare una crisi esistenziale.