
In diverse scuole statunitensi, software di sorveglianza installati sui dispositivi degli studenti monitorano ogni parola digitata, cercando segnali di autolesionismo. Tuttavia, questi sistemi possono fraintendere il contesto, generando falsi allarmi. Un esempio recente coinvolge una diciassettenne di Neosho, Missouri, svegliata dalla polizia a causa di una poesia scritta anni prima, interpretata erroneamente da GoGuardian Beacon, un software progettato per proteggere gli studenti da danni fisici. Sebbene alcuni ritengano che l'intervento possa prevenire tragedie, altri criticano l'invasività e la mancanza di dati sull'efficacia. L'uso di questi strumenti solleva dubbi sulla privacy e sull'opportunità di coinvolgere le forze dell'ordine in tali situazioni.

Immaginate questo: un software di sorveglianza scolastica che fruga tra i vostri pensieri, come una suocera ficcanaso con un diploma in psicologia spicciola. È come se ogni parola digitata sui vostri dispositivi fosse un biglietto d’invito per un reality show di quarta categoria, dove un algoritmo decide cosa avete realmente intenzione di dire. Avete mai provato a spiegare un meme a qualcuno fuori dal mondo dei social? Ora, immaginate che quel qualcuno sia un programma di sorveglianza che crede di sapere cosa è meglio per voi.
E poi c’è la polizia, che bussa alla porta nel cuore della notte perché avete osato scrivere una poesia. Chi l’avrebbe detto che le rime potessero essere così pericolose? È come se il vostro diario segreto avesse chiamato le forze dell’ordine perché avete osato essere un adolescente con pensieri complessi. La privacy? Un concetto ormai relegato ai musei, accanto ai telefoni a rotella e alle enciclopedie cartacee.
Il software promette di salvaguardarvi dal male, come un supereroe maldestro che entra dalla finestra, rompendo tutto e lasciando una scia di caos. Peccato che spesso non sappia distinguere tra un grido d’aiuto e una canzone punk. Forse ci illudiamo che la tecnologia possa risolvere problemi che richiederebbero empatia e dialogo, ma in realtà stiamo solo dando il benvenuto a un altro Grande Fratello digitale.
Vi siete mai chiesti se questi algoritmi abbiano una vita interiore? Chissà, magari mentre dormiamo, si chiedono se i nostri messaggi subliminali parlano di unicorni o di rivoluzione. In fondo, se un computer può decidere come ci sentiamo, forse può anche avere una crisi esistenziale.
Se volete evitare lo squadrone della sorveglianza davanti a casa vostra, provate a comunicare con segnali di fumo o con il caro vecchio Morse. Potrebbe essere meno fraintendibile di un messaggio online. E per quanto riguarda la tecnologia, ricordate: non è lì per salvarvi dai vostri demoni interiori, ma per tenervi d’occhio come un falco su un topo.