
Uno studio recente ha rivelato che le persone tendono a reagire negativamente alle opere artistiche che credono siano state generate da intelligenza artificiale, anche se in realtà sono state create da esseri umani. Questa scoperta evidenzia un pregiudizio intrinseco contro l'arte prodotta da macchine. La ricerca ha coinvolto partecipanti che hanno letto storie etichettate come scritte da AI o da umani, con risultati che mostrano una preferenza per le opere percepite come umane. Anche se le storie generate da AI risultano persuasive quanto quelle umane, manca il coinvolgimento emotivo che caratterizza l'arte umana. Il professor Haoran Chu ha sottolineato che, mentre l'AI può essere utile per contenuti informativi, fatica a eguagliare l'esperienza umana unica.

La notizia dice che siamo tutti una massa di ipocriti che si stracciano le vesti quando scoprono che una storia è stata scritta da un'intelligenza artificiale. Come se un robot potesse mai capire l'arte, quella vera! Quella che ci fa sentire, ci trasporta, ci tocca il cuore. Già, perché a quanto pare, se ci viene detto che un testo è stato scritto da un computer, ci perdiamo in paranoie esistenziali. Eppure, se nessuno ce lo dice, ci va bene lo stesso.
Magari la prosa ci ha anche emozionato, ma appena scopriamo che l'autore è un ammasso di circuiti, ecco che il nostro giudizio cambia di botto. Un po' come scoprire che la tua carbonara preferita è stata fatta con la panna: giuri vendetta al cuoco.
Che cosa affascinante, vero? C'è qualcosa di intrinsecamente buffo nel fatto che soprattutto gli scrittori si agitino tanto per una storia scritta da una macchina. Forse si sentono minacciati all'idea che un ammasso di codici possa, Dio non voglia, superare le loro amate fatiche letterarie. Certo, perché il vostro romanzo di 800 pagine sulle sofferenze esistenziali di una pianta d'appartamento è davvero insuperabile, vero?
In un'epoca in cui temiamo che l'IA rubi il nostro lavoro, soprattutto nei campi creativi, ci aggrappiamo disperatamente all'idea che l'arte vera sia prerogativa dell'essere umano. Chi se ne frega se il racconto è avvincente e persuasivo, se è un robot a scriverlo, beh, allora perde tutto il suo valore. Un po' come quel vecchio disco rotto che continua a dire che il vino fatto con le uve di un paese vicino non è buono come quello del tuo orticello. Il punto è che ci piace sentirci speciali, unici, insostituibili. E un algoritmo che scrive meglio di noi ci dà fastidio, ci fa venire voglia di buttare il computer dalla finestra.
Sapevate che le AI non si offendono se le criticate? A differenza di voi umani permalosi, loro non si arrabbiano se le chiamate “senza emozioni”. Ironico, no? Sono programmate per migliorare, non per piangere in un angolo perché qualcuno ha detto che non scrivono come Proust. Forse dovremmo imparare qualcosa da queste macchine: “Tipo, smettere di lamentarci e darci una mossa”.
La prossima volta che leggete qualcosa, provate a non chiedervi chi l'ha scritto. Concentratevi su come vi fa sentire. Se una storia vi tocca, chi se ne frega se è stata scritta da un umano o da un mucchio di bit? E, per favore, smettete di credere che l'arte sia solo umana. L'arte è di chi la capisce, non di chi la produce. “Siate più critici con voi stessi, e meno con le macchine”.