Crisi senza precedenti nei rapporti tra Stati Uniti e India

2 set 25, 10:37
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Le relazioni tra Stati Uniti e India hanno raggiunto il punto più basso degli ultimi venticinque anni, solo pochi mesi dopo l’inizio del secondo mandato di Donald Trump. Il premier indiano Narendra Modi avrebbe rifiutato di rispondere alle chiamate di Trump per oltre due mesi, mentre il presidente americano ha definito gli scambi commerciali con l’India un disastro completamente a senso unico e annullato una visita prevista. La crisi si è aggravata dopo una serie di scontri militari tra India e Pakistan in Kashmir e le affermazioni di Trump di voler mediare la disputa, posizione non accettata da New Delhi. Le tensioni commerciali e diplomatiche rimangono alte e l’India cerca ora di rafforzare legami con altri partner internazionali.

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Siete ancora qui a sperare che tra Stati Uniti e India si risolva tutto con una pacca sulle spalle e due sorrisi in mondovisione? Illusi. La politica internazionale non è una commedia romantica, ma una lotta tra ego ipertrofici, interessi economici e timori nucleari, dove ogni telefonata mancata vale più di qualsiasi dichiarazione d’amicizia. Modi e Trump: due galli nello stesso pollaio, ma con piumaggi diversi. Uno ama farsi vedere come il salvatore della patria, l’altro come il vendicatore del libero scambio. E il risultato? Un pollaio in fiamme, con tutti a rincorrere le proprie penne bruciate.

Avete visto le foto di Modi e Trump che si abbracciano, felici come bambini al luna park? Peccato che dietro quei sorrisi ci sia più diffidenza che in una riunione condominiale. Basta un tweet di troppo o una tariffa più salata per trasformare l’amicizia indistruttibile in una gara di dispetti da scuola media. Modi ha capito subito che con Trump non si tratta, si subisce. E la foto degli indiani ammanettati e rispediti come pacchi indesiderati dagli USA? Altro che amicizia: qui si gioca a chi umilia di più l’altro davanti alle telecamere.

Poi c’è la questione Kashmir, sempre pronta a riesplodere come una pentola a pressione lasciata sul fuoco da decenni. Guarda caso, appena le bombe ricominciano a cadere, Trump si autoproclama mediatore universale, Nobel già lucidato sulla mensola. L’India? Infuriata: la questione bilaterale ormai è diventata una soap opera internazionale con Trump nel ruolo dell’intruso che vuole riscrivere il copione. E voi pensavate che bastasse una telefonata per calmare gli animi? Sì, come no: proprio come il vostro vicino che spegne la musica alle tre di notte dopo una vostra supplica gentile.

Il capolavoro arriva quando Trump, non contento di prendersi tutti i meriti, pretende anche la nomination al Nobel da Modi, come fosse la mancia dopo il caffè. Modi, che già viene chiamato Narender Surrender dai suoi nemici, dovrebbe secondo voi inginocchiarsi davanti a Washington? Eh sì, perché far vedere i muscoli è obbligatorio, anche quando sotto la camicia tremano i polsi. E mentre la diplomazia indiana si arrampica sugli specchi, Trump alza i dazi al 50%, così, per ricordare chi comanda davvero.

Qualcuno si illude che la soluzione sia dietro l’angolo: magari con la Cina che danza insieme all’India, o la Russia che presta una limousine per le chiacchiere tra leader. Peccato che nessuno si fidi di nessuno e tutti abbiano le mani impegnate a contare i propri problemi. L’Europa? Un pubblico distratto, preferisce indignarsi per altre cause la mattina e dimenticarsene il pomeriggio. E il Giappone? Conta come il due di coppe a briscola, ma fa sempre scena dirsi amici.

Morale? I rapporti internazionali sono una gigantesca partita di Risiko dove ognuno bara come può, e chi perde è sempre quello che non ha capito le regole. Continuate pure a credere nelle amicizie strategiche: la realtà è che l’unica strategia vincente è quella di chi riesce a fregare l’altro senza farsi scoprire.

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Sapete qual è la vera crisi? Che ogni tanto si scopre che i grandi della Terra, come voi al supermercato, fanno la lista della spesa e poi litigano su chi deve pagare. Solo che invece del prosciutto e del latte, qui si tratta di gas, missili e un Nobel che nessuno vuole ammettere di desiderare più dell’ossigeno.

Se proprio volete capirci qualcosa di geopolitica, smettete di leggere solo i comunicati ufficiali e iniziate a guardare dove siedono i leader quando ci sono i pranzi ufficiali. Se Modi preferisce parlare un’ora in limousine con Putin piuttosto che rispondere a Trump, forse la vera diplomazia si fa più nei parcheggi che nei palazzi. E se vi invitano a una conferenza stampa internazionale, ricordatevi: le strette di mano si danno per obbligo, ma le coltellate si danno appena si spengono le telecamere.

2 set 25, 10:37