
La Commissione Europea ha deciso di revocare 1,04 miliardi di euro di aiuti all'Ungheria, segnando un nuovo capitolo nella disputa politica con il paese guidato da Viktor Orbán. Questa decisione riflette le preoccupazioni dell'UE riguardo al rispetto dei principi democratici da parte dell'Ungheria. Orbán ha spesso sfidato le norme dell'UE, suscitando critiche per l'uso dei fondi europei. Nonostante alcune riforme, permangono problemi sistemici, come l'indipendenza giudiziaria e mediatica. L'opposizione interna a Orbán sta crescendo, con il leader Peter Magyar che promette di "sbloccare" i fondi UE. La situazione economica dell'Ungheria resta fragile e le tensioni con l'UE potrebbero intensificarsi.

[Drammatizzazione ispirata alla notizia]
Sapete cosa vuol dire guidare un taxi a Budapest? Non è solo spostare culi da un posto all’altro. È essere il confessore non richiesto di gente che crede di sapere tutto. Turisti con il naso per aria e politici col culo al caldo. Io li sento, sapete? Quelli che contano davvero. E a volte mi chiedo se il mio taxi non sia una specie di confessionale mobile. Non per grazia divina, sia chiaro, ma per pura disperazione umana.
C’è stato un giorno, lo ricordo bene, quando Viktor Orbán è salito sulla mia macchina. Sì, proprio lui, il gran capo, il sovrano del populismo ungherese. Lui e il suo codazzo di lacchè, tutti stretti sui sedili come sardine in un barattolo scaduto. Portaci al Parlamento, mi fa, senza nemmeno guardarmi in faccia. Io lo guardo dallo specchietto e penso: Ehi, tu, con la cravatta che costa quanto il mio stipendio mensile, sai che ti stanno per togliere un miliardo e passa di euro? Ma ovviamente non lo dico. Mi limito a ingrassare il silenzio con il rombo del motore.
Sapete cos’è un miliardo di euro? Per me è un numero. Per Orbán è un fastidio. Per il resto dell’Ungheria, è il divario tra mangiare carne una volta alla settimana e sognare la carne. Ma a lui cosa gliene frega? Lui è lì che gioca al gatto e al topo con l’Unione Europea, come se fosse una partita a scacchi. Peccato che le pedine siamo noi.
E questi soldi, sapete, dovevano servire per il futuro. Parole come infrastrutture, ambiente, economia verde… parole grosse, difficili da masticare. Ma poi guardi chi le pronuncia e ti accorgi che hanno i denti consumati dal potere. Orbán prende quei fondi e li usa per costruire cattedrali del nulla. Strade che non portano da nessuna parte, progetti verdi che puzzano di marrone. E tutto questo mentre la gente nei villaggi fa i conti con la vita a candele perché la corrente costa troppo.
Ma il meglio viene quando porti quelli dell’opposizione. Oh, loro sono fantastici. Sale sul taxi Peter Magyar e non smette di parlarti di riforme, democrazia, giustizia. Ragazzo mio, gli dico io mentre guido, tu puoi anche vincere, ma pensi davvero che questi soldi torneranno nelle tasche giuste? Le tasche giuste non esistono. Esistono solo tasche più grandi e mani più veloci.
E intanto Bruxelles gioca a fare la maestrina. L’Ungheria non rispetta la democrazia. Oh, grazie per averlo notato! E dov’eravate quando Orbán piazzava i suoi amici nei tribunali e comprava giornali come fossero caramelle? Vi svegliate solo quando qualcuno alza troppo la voce? Ipocriti. La verità è che l’Unione Europea è come un genitore distratto che punisce il figlio problematico solo perché ha rovesciato il vaso sbagliato.
Ma sapete cosa mi fa più ridere? Orbán, che ogni volta che lo bastonano, minaccia il veto. Ah sì, il veto, l’arma di chi non ha più niente da perdere. E mentre lui gioca al piccolo tiranno, la gente continua a salire sul mio taxi con gli occhi spenti e le tasche vuote. Perché il veto non riempie i frigoriferi.
Alla fine, cosa resta? Orbán con le sue minacce, Bruxelles con la sua ipocrisia e io, con il mio taxi. Continuo a portare questi burattini da un palazzo all’altro, mentre là fuori la gente si chiede se il prossimo inverno avrà ancora il gas per scaldarsi. E sapete cosa penso? Che se anche il mio tachimetro segna milioni di chilometri, loro sono quelli davvero fermi.
La prossima volta che salgo qualcuno di loro, forse glielo dico: Signori, sapete cosa vi manca? Una corsa nel mio taxi, ma senza meta. Solo per vedere cosa si prova a girare a vuoto come fa il resto di noi.