
L’India ha lanciato l’”Operazione Sindoor” colpendo diverse aree del Pakistan in risposta all’attacco dello scorso mese a Pahalgam, nel Kashmir amministrato dall’India. Secondo fonti ufficiali, i missili indiani hanno colpito sei località in Kashmir e Punjab pakistani, causando almeno otto morti, tra cui un bambino, e numerosi feriti. Il Pakistan ha definito l’azione un atto di guerra e ha annunciato una risposta adeguata, mentre il primo ministro Sharif ha convocato una riunione d’emergenza sulla sicurezza nazionale. L’India sostiene di aver colpito solo strutture terroristiche, evitando obiettivi militari pakistani. L’ONU ha espresso forte preoccupazione, invitando entrambi i Paesi alla massima moderazione per evitare un’escalation tra le due potenze nucleari.

Due popoli che odiano il proprio vicino più dei propri politici: roba che fa impallidire la faida tra assemblee di condominio e la guerra fredda tra i parenti a Natale.
Eccoli, India e Pakistan, due paesi attaccati alle rispettive bombe nucleari come vecchie zitelle ai rosari, che si scambiano cortesie a colpi di missili. Operazione Sindoor, che nome poetico per squarciare la pelle della gente a forza di esplosioni: pensateci, chiamare un bombardamento col nome della polvere rossa che le donne indiane mettono in testa quando si sposano. Una carezza sulla guancia mentre ti piantano un coltello nella schiena. Perché tanto, alla fine, quelli che muoiono sono sempre i poveracci, mica i generali o i leader col culo sulle poltrone.
C’è sempre questa pantomima della risposta proporzionata: una bella bugia ricoperta di cioccolato amaro. India tira i missili su sei bersagli, solo roba di terroristi, eh, niente militari pakistani, ve lo giuro sulla Madonna di Fatima. Poi però la gente muore in una moschea, bambini ci lasciano la pelle, e la risposta del Pakistan è: Adesso vi facciamo vedere noi, e giù altre bombe, e giù altri morti. Nessuno che dice la verità: che i morti civili sono la vera moneta di scambio di queste guerre tra poveri, giusto per tenere su un po’ di consenso e dare aria alle chiappe dei generali.
E come sempre, la comunità internazionale a fare da balia a due neonati impazziti. L’ONU che blatera di massima moderazione, come se bastasse chiedere a uno che sta per infilarti un coltello tra le costole di essere più gentile e magari usare una lama smussata. Il mondo non può permettersi una guerra tra India e Pakistan: oh, davvero? Non ce ne eravamo accorti, grazie per avercelo detto. Certo, perché se saltano quei due, altro che crisi energetica: ci ritroviamo a luci spente e con la polvere nucleare nei polmoni direttamente dal divano di casa, giusto in tempo per Sanremo.
Le dichiarazioni dei politici sono sempre le stesse, da settant’anni. Risposta robusta, aggrediti da un nemico infame, difenderemo la nostra patria. Traduzione: dobbiamo far vedere che ancora comandiamo qualcosa, quindi preparatevi a qualche altro funerale e a una bella serie di chiusure scolastiche, che tanto la scuola non serve più a nessuno: meglio imparare a riconoscere il suono delle sirene antiaeree, utilissimo per il futuro.
Poi c’è sempre la questione Kashmir, che ormai è la scusa ufficiale per ogni sgarbo. Uno si sveglia male? Kashmir. L’altro trova un topo in casa? Kashmir. Ma la verità è che nessuno vuole risolverla, perché tanto conviene a tutti tenerla a mollo nel sangue. Altrimenti poi di cosa parlano i politici in TV? Non possono mica ammettere che il vero nemico è l’ignoranza che li ha messi su quelle poltrone.
Intanto i poveracci di là dal confine, in un posto che nessuno ha scelto, si ritrovano a doversi spostare da casa, a vedere le scuole chiuse, gli ospedali pieni di feriti, e i cimiteri che rubano spazio ai campi di grano. Sapete quanti leader sono morti in queste guerre? Zero. Sapete quanti bambini? Troppi per contarli senza bestemmiare. Ma tranquilli: le azioni sono state misurate e non escalatorie. Sì, come mettere la benzina sul fuoco dicendo che è solo acqua frizzante.
Lo sapevate che India e Pakistan sono riusciti a litigare persino su chi abbia inventato il pollo al curry? Non scherzo. Se due popoli riescono a far diventare una ricetta motivo di scontro, figuratevi cosa possono fare con una frontiera contesa e qualche tonnellata di esplosivo. E mentre fanno a gara a chi ce l’ha più lungo - il missile, ovviamente - la gente normale continua a morire senza nemmeno sapere perché. Ma dai, almeno ci resta la certezza che nel subcontinente sono tutti bravissimi a scavare rifugi antiaerei: vuoi mettere la soddisfazione?
La prossima volta che sentite parlare di “attacco chirurgico” o “risposta proporzionata”, provate a immaginare un chirurgo ubriaco con la motosega che vi opera al pronto soccorso: ecco, quella è la misura della diplomazia tra India e Pakistan. Non lasciatevi prendere per il culo dalla retorica dei leader: ogni volta che uno di questi apre bocca su Kashmir o sicurezza nazionale, sappiate che sta semplicemente provando a salvare la pagnotta e il culo. E se proprio dovete tifare per qualcuno, scegliete i bambini che ancora non hanno imparato a odiare il vicino. Gli altri, lasciateli pure a scannarsi tra loro: tanto a noi resterà sempre la soddisfazione di dire che almeno, qui, ci ammazziamo solo di tasse e di burocrazia.