
Psichiatri dell'Università del Tennessee avvertono sui pericoli delle sfide di TikTok per bambini e adolescenti, che confondono i confini tra incidenti e tentativi di suicidio. Richiedono maggiore consapevolezza e ricerche approfondite per comprendere meglio l'impatto di queste sfide sui giovani e prevenire potenziali tragedie future.

Ma voi, genitori e pseudo-adulti, dove siete quando i vostri pargoli tentano di vincere il premio Darwin partecipando a sfide TikTok? Oh, ma che carino, guarda come si soffoca da solo! Già immagino le conversazioni al bar: Mio figlio ha quasi vinto la Blackout Challenge ieri sera, siamo così orgogliosi di lui! Ma davvero pensavate che dare uno smartphone a un dodicenne fosse un'idea brillante? Complimenti, avete creato un cocktail micidiale di incoscienza e tecnologia. E ora vi stupite se i vostri figli cercano di darsi fuoco per un paio di mi piace in più?
I nostri eroi del web, questi piccoli geni in erba, non hanno neanche la decenza di capire che spararsi una dose massiccia di Benadryl per vedere l'arcobaleno può essere l'ultima cosa che vedranno. E voi lì a domandarvi se si tratta di un semplice errore di giudizio o di un tentativo di suicidio. Psichiatri che si grattano la testa cercando di capire se una ragazzina legatasi una corda al collo voleva solo farsi un giretto all'altro mondo o stava solo giocando a stupida roulette russa con la vita.
E quando finalmente il ragazzino di turno si sveglia in ospedale, i medici si trovano a dover valutare se è un caso di ricovero psichiatrico o solo l’ennesima dimostrazione di come la stupidità non abbia limiti. Ah, certo, l'importante è una valutazione empatica. Perché, sapete, un bel sorriso e una pacca sulla spalla risolvono tutto. Ma non scordiamoci di chiamare la famiglia, sempre presente quanto un unicorno in un bosco di conifere, per discutere di come l'assenza di supervisione possa portare a scelte così interessanti.
Sapevate che molti di questi piccoli scienziati sociali si sentono bullizzati, depressi e trascurati? Che scoperta! Chi l'avrebbe mai detto che crescere in una società che premia l’apparenza e dove il massimo dell’interazione familiare è un “mi piace” su una foto possa portare a tali stati d’animo. Chissà mai che non ci sia un collegamento tra l’assenza di affetto reale e il desiderio di darsi fuoco per un pubblico virtuale.
Magari, e dico magari, potreste spegnere quell'ammasso di circuiti elettronici e parlare con i vostri figli. Chiedete loro come stanno. Ma davvero, non come quando lo fate per togliervi dai piedi una conversazione. Provate a capire che un “ti voglio bene” faccia a faccia funziona meglio di un emoji a forma di cuore su uno schermo. E, per l’amor di tutto ciò che è sacro, provate a insegnare loro che farsi del male non è un passatempo accettabile, neanche se lo fanno diecimila altri cerebrolesi online.